Ne è uscito un paper che mappa l’incrocio tra risorse pubbliche e private, disegna la traiettoria intrapresa nell’ultimo decennio dai principali ambiti di impatto (istruzione, sanità, emissioni di CO2, inclusione sociale e inclusione finanziaria, microfinanza, ecc.), misura robustezza e consistenza dei mercati finanziari e valuta la qualità degli ecosistemi ai fini dello sviluppo di strumenti “impact”.
Non ne emerge un quadro positivo, almeno non all’altezza delle aspettative generate proprio un decennio fa dall’affermarsi del movimento (molto istituzionale, poco sociale) dell’ “impact finance”.
Tra gli spunti positivi: fondi pubblici-privati, crowdfunding civico, strumenti ibridi, riforme normative e nuove reti nazionali per l’investimento a impatto.
Serve oggi una riflessione lucida: non per abbandonare l’impact finance, ma per rimetterla al servizio reale delle comunità, dei diritti e dello sviluppo equo.
Leggi il paper (in inglese) qui.