Il 5 per mille e la finanza etica per rilanciare il Terzo Settore

Il Terzo Settore non vive anni facili. Dopo la massiccia fase di normalizzazione dei due decenni a cavallo del cambio di millennio, dopo le conseguenze della crisi finanziaria iniziata nel 2011 con i suoi pesanti effetti su società, economia reale e conti pubblici, dunque sulla domanda che tanto ne aveva sollecitato la crescita, è arrivata la pandemia. 

Che ha colpito maggiormente i soggetti non profit già vulnerabili, perché più piccoli, frammentati e con meno risorse economiche: associazionismo, settore culturale e ricreativo, sport dilettantistico, quelle istituzioni che in termini numerici ne rappresentano il 90% e che più sintetizzano la vitalità civica e sociale del comparto.

Ma la pandemia ha colpito duramente anche i segmenti forti del non profit: servizi sociali e socio-sanitari, istruzione, formazione, la stessa sanità. Chi perché sottoposto ad uno stress test imprevisto e imprevedibile, chi perché coinvolto in tutte quelle fragilità del sistema di “welfare integrato” i cui limiti, negli ultimi 18 mesi, sono emersi chiari come non mai agli italiani.

In questo scenario, tanto nell’emergenza quanto nel disegno di una traiettoria di nuovo sviluppo, il 5 per mille si rivela formidabile cartina di tornasole del potenziale e della forza del Terzo Settore, ma anche delle sue criticità.

Nel 2020 - anno cui si riferisce lo studio appena pubblicati da Banca Etica, in bancaetica.it - sono 14 milioni, uno su tre, i contribuenti che hanno usato questo strumento per sostenere un ente non profit, in aumento del 37,5% rispetto a quando la misura fu introdotta, nel 2006. 

Quest’anno l’importo complessivamente erogato è pari a circa 520 milioni di euro (+53,5% dall’inizio). Anche il numero di beneficiari continua ad aumentare: nel 2020 sono 68.976 gli enti a beneficiarne (+131,2% rispetto al 2006). Pertanto, gli importi medi continuano a ridursi e, soprattutto, la distribuzione delle risorse consolida tendenze su cui riflettere: i primi 10 destinatari hanno raccolto il 26,7% di tutte le somme; i primi 50 (pari allo 0,07 delle quasi 69 mila partecipanti) il 42%. 

Come la finanza etica, anche il 5 per mille può essere strumento di democratizzazione dell’economia e fattore di crescita del capitale sociale. E come nel mercato bancario, anche nel “mercato” delle donazioni, almeno di quelle regolamentate, può essere opportuno pensare all’introduzione di correttivi. Che vadano a favore delle organizzazioni medio-piccole, vero scheletro della partecipazione sociale e civile del nostro paese. Due le opzioni, non alternative: a) la devoluzione di una quota parte dei fondi inoptati (oltre 24 milioni di contribuenti, circa il 60% del totale); b) un tetto (es. 0,5% del totale) a quanto una singola organizzazione può ottenere dalla misura. 

Sarebbe una forma di “mutualità” allargata, giustificata dalla consapevolezza che solo con un Terzo Settore vitale e dinamico prospera la solidarietà. 

Sarebbe, anche, un tassello verso una nuova fase di sviluppo della ragione non profit.


pubblicato sul Corriere della Sera del 13 luglio 2021.