Bancari sfruttati, banchieri etici

Così ha detto pochi mesi fa Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredito: “se mi chiedono l’etica ho l’obbligo di metterla a scaffale”. L’etica come prodotto, non come regola e cultura, dunque. Ma per i banchieri, d’altronde, questo non è un buon periodo. Cosa dire, invece, dei bancari? Si tratta delle persone che hanno venduto bond Cirio o Parmalat e piazzato i prodotti di Banca 121. Sono meri esecutori o in sé portatori di una logica perversa e diabolica (quella del banchiere)?

La Fiba-Cisl dell’Emilia Romagna, in quanto sindacato dei bancari, si è fatta questa domanda e ha chiesto a 500 dipendenti di banca cosa ne pensano. Il risultato è interessante.

Alla metà degli intervistati è capitato che fosse indicata dall’alto una fascia di clientela debole a cui piazzare “certi” prodotti. E di conseguenza il 45% ha venduto prodotti “inadatti” a diverse tipologie di clienti (anziani, richiedenti mutuo ecc.). Ma poi il 75% ha avuto problemi di coscienza.

Quali le cause di tutto ciò? Tra i principali indiziati il sistema premiante, quel meccanismo per cui una parte della remunerazione dipende dai risultati raggiunti (intesi soprattutto in senso commerciale). E’ presente nel 68% dei casi, ma l’80% dei lavoratori non ne condivide obiettivi e parametri di valutazione, il 72% ritiene che abbia un impatto negativo nei rapporti tra colleghi, il 75% dichiara che vi sono persone che ne sono tagliate fuori.

Il dato significativo è che, secondo questi dipendenti di banca, gli obiettivi assegnati attraverso il sistema di incentivo mirano soltanto a risultati di breve termine (74%). Mentre, alla domanda su chi guadagna e chi perde con tali meccanismi, la risposta è stata: al top management i massimi vantaggi, alla clientela le perdite secche. Nulla di nuovo, si dirà. Ma si tratta di brutte conferme.

Anche perché, secondo gli intervistati, non parliamo di banche insensibili, almeno sulla carta: il 64% ha introdotto, infatti, dei codici di comportamento nei confronti dei clienti. Codici, però, che sono stati discussi con i dipendenti solo nel 34% dei casi e che raramente vengono fatti rispettare (secondo il 54% dei rispondenti).

Uno spaccato del mondo bancario - visto dall’interno - che conferma ciò che si osserva da fuori: esaltazione della cultura del profitto mordi e fuggi e uso della deontologia (o, peggio, dell’etica d’impresa) per rifarsi un’immagine. I lavoratori, in questo contesto, non possono far altro che adeguarsi. Chi ci rimetterà sarà il cliente. Al quale la risposta migliore l’ha data Profumo.


di Alessandro Messina

per Carta, Rubrica Affari Nostri, aprile 2004