Continua a crescere il peso del Fondo centrale di garanzia per le PMI sul mercato del credito. Nel 2011 sono state accolte 55.209 operazioni, per un volume di finanziamenti pari a 8,4 miliardi di euro e un importo garantito pari a 4,4 miliardi di euro. Le operazioni sono così aumentate del 10,3% rispetto allo stesso periodo del 2010, mentre i finanziamenti attivati sono diminuiti del 7,7%.
Una tendenza simile si è osservata per il Credito Cooperativo: tra 2010 e 2011 il numero di operazioni in garanzia diretta è passato da 1.525 a 1.643 (+8%) mentre i volumi dei finanziamenti garantiti sono passati da 209 a 198 milioni di euro (-5%). La capacità di utilizzo diretto dello strumento da parte del sistema Credito Cooperativo resta pertanto in netto ritardo se confrontata alle quote di mercato (4,5% contro quote che, soprattutto sulle piccole imprese, spesso sono ben sopra il 10%).
Ma oggi c’è una nuova opportunità per un miglior utilizzo del Fondo da parte del Credito Cooperativo. Lo scorso 24 aprile, infatti, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 96 il decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze che, di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico, definisce le modalità attraverso le quali Banche, Regioni ed altri enti e organismi pubblici possono incrementare le risorse a disposizione del Fondo, come previsto dalla Legge n. 2 del 2009 (che ha convertito in legge il DL n. 185 del 2008).
La norma è di particolare rilievo non solo per il potenziale effetto di aumento delle disponibilità del Fondo, ma soprattutto per l’ulteriore beneficio di ponderare a zero - data la presenza di una garanzia di ultima istanza dello Stato italiano - le esposizioni garantite (secondo le Nuove Istruzioni di Vigilanza Prudenziale della Banca d’Italia).
Il decreto disciplina:
- la gestione delle contribuzioni, prevedendo – per tutti i soggetti potenzialmente interessati – che il Fondo sia articolato in “Sezioni speciali” con contabilità separata in relazione ai diversi apporti di capitale messi a disposizione;
- l’ammontare della contribuzione, che nel caso di Regioni e Banche è stato quantificato in un minimo di 5 milioni di euro, mentre è lasciato libero per gli altri enti;
- le percentuali di accantonamento, che per ciascuna “Sezione speciale” verranno stabilite dal Comitato di Gestione del Fondo tenendo conto della rischiosità del portafoglio complessivo e di quello specifico della singola Sezione;
- l’intervento di ultima istanza del Fondo (e poi dello Stato), che interverrà a coprire le perdite anche nel caso in cui le disponibilità finanziarie delle singole “Sezioni speciali” siano insufficienti a coprire la liquidazione delle insolvenze.
Con riferimento alla contribuzione delle banche, è previsto che ABI stipuli con il Ministero dell’Economia e delle Finanze e con il Ministero dello Sviluppo Economico una Convenzione per definire:
- l’impegno minimo per l’adesione (comunque non inferiore a 5 milioni di euro);
- le modalità di adesione per le banche;
- le modalità di interazione con le altre risorse del Fondo;
- la durata della permanenza nel Fondo e le modalità di recesso dal medesimo;
- le percentuali integrative di copertura degli interventi di garanzia;
- le modalità alternative di adesione al Fondo (in sede ABI si ipotizza la possibilità che le banche possano apportare risorse attraverso prestiti subordinati).
Questo meccanismo di rifinanziamento può essere di grande efficacia per favorire interventi regionali finalmente adeguati al quadro normativo e regolamentare cui sono sottoposte le banche.
In particolare, appare opportuno iniziare a veicolare questa nuova opzione alle Regioni con cui il Credito Cooperativo già intensamente collabora: le risorse attualmente immobilizzate in fondi di garanzia regionali (che danno un beneficio prudenziale limitato e che sono caratterizzati da procedure spesso inefficienti ed eterogenee) potrebbero gradualmente essere riconvertite in Sezioni dedicate del Fondo, mantenendo intatti gli obiettivi di indirizzo strategico del policy-maker locale ma fornendo ai partner bancari uno strumento di mitigazione del rischio (e di ottimizzazione del
patrimonio) di gran lunga più appetibile.
Una tendenza simile si è osservata per il Credito Cooperativo: tra 2010 e 2011 il numero di operazioni in garanzia diretta è passato da 1.525 a 1.643 (+8%) mentre i volumi dei finanziamenti garantiti sono passati da 209 a 198 milioni di euro (-5%). La capacità di utilizzo diretto dello strumento da parte del sistema Credito Cooperativo resta pertanto in netto ritardo se confrontata alle quote di mercato (4,5% contro quote che, soprattutto sulle piccole imprese, spesso sono ben sopra il 10%).
Ma oggi c’è una nuova opportunità per un miglior utilizzo del Fondo da parte del Credito Cooperativo. Lo scorso 24 aprile, infatti, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 96 il decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze che, di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico, definisce le modalità attraverso le quali Banche, Regioni ed altri enti e organismi pubblici possono incrementare le risorse a disposizione del Fondo, come previsto dalla Legge n. 2 del 2009 (che ha convertito in legge il DL n. 185 del 2008).
La norma è di particolare rilievo non solo per il potenziale effetto di aumento delle disponibilità del Fondo, ma soprattutto per l’ulteriore beneficio di ponderare a zero - data la presenza di una garanzia di ultima istanza dello Stato italiano - le esposizioni garantite (secondo le Nuove Istruzioni di Vigilanza Prudenziale della Banca d’Italia).
Il decreto disciplina:
- la gestione delle contribuzioni, prevedendo – per tutti i soggetti potenzialmente interessati – che il Fondo sia articolato in “Sezioni speciali” con contabilità separata in relazione ai diversi apporti di capitale messi a disposizione;
- l’ammontare della contribuzione, che nel caso di Regioni e Banche è stato quantificato in un minimo di 5 milioni di euro, mentre è lasciato libero per gli altri enti;
- le percentuali di accantonamento, che per ciascuna “Sezione speciale” verranno stabilite dal Comitato di Gestione del Fondo tenendo conto della rischiosità del portafoglio complessivo e di quello specifico della singola Sezione;
- l’intervento di ultima istanza del Fondo (e poi dello Stato), che interverrà a coprire le perdite anche nel caso in cui le disponibilità finanziarie delle singole “Sezioni speciali” siano insufficienti a coprire la liquidazione delle insolvenze.
Con riferimento alla contribuzione delle banche, è previsto che ABI stipuli con il Ministero dell’Economia e delle Finanze e con il Ministero dello Sviluppo Economico una Convenzione per definire:
- l’impegno minimo per l’adesione (comunque non inferiore a 5 milioni di euro);
- le modalità di adesione per le banche;
- le modalità di interazione con le altre risorse del Fondo;
- la durata della permanenza nel Fondo e le modalità di recesso dal medesimo;
- le percentuali integrative di copertura degli interventi di garanzia;
- le modalità alternative di adesione al Fondo (in sede ABI si ipotizza la possibilità che le banche possano apportare risorse attraverso prestiti subordinati).
Questo meccanismo di rifinanziamento può essere di grande efficacia per favorire interventi regionali finalmente adeguati al quadro normativo e regolamentare cui sono sottoposte le banche.
In particolare, appare opportuno iniziare a veicolare questa nuova opzione alle Regioni con cui il Credito Cooperativo già intensamente collabora: le risorse attualmente immobilizzate in fondi di garanzia regionali (che danno un beneficio prudenziale limitato e che sono caratterizzati da procedure spesso inefficienti ed eterogenee) potrebbero gradualmente essere riconvertite in Sezioni dedicate del Fondo, mantenendo intatti gli obiettivi di indirizzo strategico del policy-maker locale ma fornendo ai partner bancari uno strumento di mitigazione del rischio (e di ottimizzazione del
patrimonio) di gran lunga più appetibile.
di Alessandro Messina
per Credito Cooperativo, giugno 2012