La razionalità e l'efficienza sono
ciò che ci permette di dedicarci alle cose che veramente ci interessano.[1]
Lo struzzo, la tartaruga e la pecora
L'idea di
dedicare un libro al difficile rapporto tra denaro e terzo settore nasce dal
lavoro quotidiano in questo mondo e dall'osservazione di decine di
associazioni, gruppi e cooperative che, nel tentativo di lasciare un segno
profondo nella società, si scontrano con questioni che mai avrebbero voluto
affrontare.
Il capitale sociale e l'indebitamento, il marketing e il
fundraising, il leasing e il management, i contributi in conto capitale e
quelli in conto gestione, la leva finanziaria e quella organizzativa, il ROE e
il ROI, il valore attuale netto e il tasso di rendimento, i fondi di
investimento e i fondi SRI e così via, lungo un sentiero lungo e tortuoso,
molto tortuoso.
Ecco allora che
qualcosa rischia di incepparsi. I leader non hanno più strumenti, i soci non
capiscono, le altre organizzazioni - quelle grandi, ai limiti del for-profit -
sghignazzano. La prima reazione, quella più diffusa e la più pericolosa, è il
rifiuto: «no, questo non è il motivo per cui siamo nati, lasciamo stare». E le
strade possibili diventano tre.
La prima è la
strategia dello struzzo e consiste
nel mettere la testa sotto la sabbia e sperare che le cose si aggiustino da
sole. Ovviamente ciò non accadrà e l'organizzazione comincerà un lento declino,
che non sarà mai solo economico ma coinvolgerà tutta la sfera delle relazioni
interne (i lavoratori e i soci su tutti) ed esterne (i donatori, le
istituzioni, i "concorrenti"), fino a travolgere la mission stessa
della nonprofit.
La seconda
strategia è quella, legittima, della tartaruga:
«ho avvistato cose che non mi piacciono e torno subito indietro, mi rifugio
nella mia nicchia in attesa che quei rischi si allontanino». In questo caso
l'organizzazione decide, per mancanza di strumenti a disposizione, di non
cogliere alcune opportunità, di rinunciare alla possibilità di espandere il
proprio raggio d'azione, di dare maggiore concretezza al proprio lavoro. A
volte, va detto, si tratta di una scelta saggia, soprattutto se basata su una
corretta valutazione delle reali volontà e disponibilità di tutti i soggetti
coinvolti. Altre volte si tramuta in una perdita di opportunità che con
difficoltà si presenteranno di nuovo.
La terza
strategia, che nessuno si offenda, è quella della pecora: cercare qualcuno a cui accodarsi per seguirne
pedissequamente le orme ed evitare di prendere strade pericolose e che fanno
paura. Si accetterà così che qualcuno (il consulente, il manuale di gestione,
la reminiscenza di qualche studio fatto anni fa) ci indichi tecniche,
metodologie, procedure. Scelta umile e coerente, si dirà. Il problema è che
spesso questo "qualcuno" non solo non sa niente dell'organizzazione,
della sua storia e dei suoi processi, ma soprattutto è lontano anni luce dalle
sue finalità. L'organizzazione diverrà così un coacervo sempre più incoerente
di strumenti e obiettivi contrastanti, fino a dover scegliere fra tornare al
punto di partenza o rinunciare ad alcune sue caratteristiche fondanti, cosa che
puntualmente avverrà in modo implicito, senza che ci si sia resi conto della
"scelta" compiuta.
Cosa fare,
allora? Bisogna evitare il primo passaggio (il rifiuto), evitare di rimuovere
il problema. Piuttosto occorre rimboccarsi le maniche e capire che si è davanti
ad una (nuova) sfida. «Abbiamo già dovuto sfidare i guerrafondai per proporre
le nostre politiche di pace, le grandi industrie per difendere l'ambiente, le
multinazionali per costruire un commercio equo e solidale, l'arroganza delle
istituzioni, il potere delle imprese, l'indifferenza della gente…che altro?».
Occorre sfidare la cultura dell'azienda capitalistica, la pervasività del
pensiero neoliberista, la nostra stessa ignavia. E' nella natura del terzo
settore lavorare per trasformare la società e in questo obiettivo rientrano
anche le regole delle relazioni economiche, che dunque, a partire dalla
gestione delle stesse organizzazioni nonprofit, non possono essere mutuate dai
modelli di gestione costruiti per le imprese tradizionali.
Questo volume
vuole offrire gli strumenti utili a un tale lavoro.
La struttura del libro
Il primo
capitolo si concentra sulla descrizione delle "regole del gioco",
quelle non scritte. Perché una nonprofit esiste, mantiene una sua natura particolare
anche se immersa nel sistema economico? Perché esistono persone che fondano le
organizzazioni di terzo settore, vi lavorano, vi si impegnano, donano, le
sostengono? Quali sono i limiti "strutturali" di queste imprese molto
atipiche? Il capitolo fa ampio uso del dibattito teorico che da trent'anni a
questa parte ha visto impegnati economisti, sociologi, politologi, psicologi,
cercando di sintetizzare i risultati principali e senza fare (troppo) ricorso
al linguaggio degli scienziati.
Il secondo capitolo
apre la parte tecnica del volume con una specifica attenzione alla definizione
delle variabili, dei metodi e dei modelli di gestione finanziaria che possono
essere utilizzati da un'organizzazione di terzo settore: distinzione tra ciclo
economico e finanziario, programmazione finanziaria, analisi di bilancio.
Nel terzo
capitolo si affronta il nodo del ciclo economico dell'impresa nonprofit. Anche
attraverso l'elaborazione dei dati della Prima
rilevazione censuaria delle istituzioni nonprofit dell'Istat vengono
analizzate la struttura dei ricavi e quella dei costi delle organizzazioni di
terzo settore italiane. Ogni componente del conto economico viene studiata
separatamente per comprenderne i fattori determinanti e delineare le strategie
più opportune. Così, dal lato dei ricavi, vengono dedicati paragrafi specifici
al rapporto con la pubblica amministrazione, alla vendita di beni e servizi,
alle tecniche di raccolta fondi, alle sponsorizzazioni e alle fondazioni
bancarie. Dal lato dei costi, invece, vengono passate in rassegna le relazioni
con il personale (remunerato e non), le spese per la realizzazione di progetti,
le opportunità di investimento. Una parte è dedicata al trattamento fiscale con
riferimento alle principali leggi in materia. Il capitolo si conclude con
un'analisi dei fattori di vulnerabilità delle organizzazioni di terzo settore,
sia in confronto a for-profit con le stesse caratteristiche, sia in senso
assoluto.
Il quarto
capitolo raccoglie e utilizza i dati e gli strumenti esposti nei primi tre e
affronta il tema del credito e dei finanziamenti al terzo settore. A partire
dalle caratteristiche delle imprese nonprofit delineate nel primo capitolo -
soprattutto quelle che ne definiscono un profilo distinto dalle imprese
capitalistiche - l'analisi si concentra sul rapporto con le banche, sulla
possibilità di attrarre investitori attraverso l'emissione di titoli di debito
o l'aumento di capitale sociale (nel caso delle cooperative), sulle
potenzialità legate agli strumenti di finanza etica. Quest'ultimo aspetto viene
trattato non tanto in riferimento agli intermediari etici esistenti ma
soprattutto in funzione della forza dei principi "partecipativi" (che
coinvolgano attivamente i cittadini) della finanza alternativa e della loro capacità
di diventare significativo strumento di reperimento di risorse finanziarie a
livello locale e per progetti specifici.
Il quinto
capitolo si occupa di un tema spesso trascurato all'interno delle
organizzazioni senza scopo di lucro: le gestione della liquidità. Se infatti è
vero che raramente queste imprese devono preoccuparsi di investire al meglio le
proprie disponibilità finanziarie è anche vero che i loro flussi economici sono
per natura altalenanti e può capitare che, a fronte di lunghi periodi di
fabbisogno, ve ne siano di brevi in eccedenza. In questi casi è necessario
essere attrezzati e conoscere non soltanto le opportunità tecniche per non
disperdere il valore del capitale ma anche gli strumenti che esistono per
garantire che l'azione da investitori non sia in contrasto con le finalità
istituzionali.
Il sesto
capitolo, infine, si concentra sulla valutazione dei progetti e, più in
generale, delle attività dell'organizzazione di terzo settore. Il lavoro di
valutazione viene illustrato sia per quanto concerne i risultati economici e
finanziari sia per quelli sociali e ambientali, a partire dalle tecniche di
analisi costi-benefici. Vengono anche illustrate le prassi, operative e
politiche, degli operatori della finanza etica, tra i precursori in Italia
nella valutazione dei progetti che combina analisi economica e
socio-ambientale. Un'ultima sezione è dedicata al tema della responsabilità
sociale delle imprese, al rapporto tra etica ed economica e alle sfide che
attendono il terzo settore a partire dall'elaborazione dei bilanci sociali.
Il volume si
chiude con un appendice di matematica finanziaria, che fornisce alcune nozioni
di base per il calcolo dei principali valori finanziari, il Manifesto della finanza etica, l'elenco,
corredato di indirizzi, dei principali operatori della finanza alternativa in
Italia e un'ampia bibliografia.
Conclusioni
A questo punto
non resta che aspettare le reazioni di chi leggerà il volume. L'obiettivo,
complesso e ambizioso, è già stato detto, è fornire a chi si adopera "per
un mondo migliore" uno strumento di lavoro costruito su misura. Non un
qualsiasi manuale di gestione aziendale ma una guida al mantenimento della
rotta, che nel caso del terzo settore non è mai una sola. Come ha scritto
Giulio Marcon: «il terzo settore dovrebbe avere questi di principi: la
prevalenza del sociale sull'economico, del valore d'uso sul valore di scambio,
del dono sulla merce, della gratuità sull'interesse, della cooperazione sulla
competizione, dell'utilità sociale sul tornaconto personale. La perdita della
consapevolezza del carattere alternativo di questi valori di comportamento
economico rispetto al sistema esistente, a favore della ricerca delle
compatibilità dei meccanismi economici dominanti, non potrà che immiserire la
novità di questa realtà sociale che vuole costruire "altre" regole
dell'economia»[2].
La speranza è
che questo lavoro possa aiutare le organizzazioni, i gruppi, le associazioni, a
non perdere di vista questi rischi e a costruire veramente quell'altra economia che è certo possibile.
tratto da Denaro senza lucro.
Manuale di gestione finanziaria per il terzo settore
a cura di Alessandro Messina
Carocci, giugno 2003
Manuale di gestione finanziaria per il terzo settore
a cura di Alessandro Messina
Carocci, giugno 2003