Continua la discussione sui fondi di investimento promossi dal Gruppo Banca Etica. Il ragionamento merita di essere articolato su tre piani. Il primo riguarda il prodotto fondo di investimento, uno strumento finanziario particolare, che mette duramente alla prova - per la sua stessa natura, a partire dall'enfasi sulla raccolta - l'idea di finanza etica, i cui principi fondanti sono trasparenza, solidarietà, partecipazione, radicamento col territorio, legame con l'economia reale.
La necessità di scegliere i titoli tra quelli quotati in borsa implica una grave distonia rispetto ai suddetti principi, non solo relativamente alle azioni che entreranno nel paniere di riferimento (Merloni si Merloni no, per capirci) ma anche perché si distolgono i capitali dal territorio, si accetta la logica dei mercati finanziari globali, si abbandona - di fatto - l'anima partecipativa della finanza etica.
La necessità di scegliere i titoli tra quelli quotati in borsa implica una grave distonia rispetto ai suddetti principi, non solo relativamente alle azioni che entreranno nel paniere di riferimento (Merloni si Merloni no, per capirci) ma anche perché si distolgono i capitali dal territorio, si accetta la logica dei mercati finanziari globali, si abbandona - di fatto - l'anima partecipativa della finanza etica.
La seconda questione è quella della concorrenza, o meglio dell'ambiente esterno. L'iniziativa di Banca Etica si inserisce in un contesto in cui è crescente l'attenzione delle istituzioni (Onu, Ue ma anche il Minwelfare di Maroni), delle grandi imprese, dei media confidustriali sul tema etica e responsabilità sociale delle imprese. E se non si può che condividere un’azione di educazione nei confronti delle imprese, l'impressione è che si assista soltanto all'emergere di una domanda soggettiva ed esistenzialista (da consumatore alienato), allo sviluppo di qualche nuova filosofia di marketing, a politiche pubbliche che mirano a sostituire lo stato sociale con la beneficenza delle multinazionali.
Il terzo piano di ragionamento riguarda proprio Banca Etica. Per un soggetto che ha travolto la finanza nazionale con idee e contenuti radicali e ha subito un processo di crescita esponenziale, ci si domanda se quello dei fondi etici non sia un salto troppo grande da fare adesso. Di fatto - mentre la banca è alla continua ricerca di un assetto organizzativo coerente con i valori della finanza alternativa (e questa è una delle sfide principali di chi fa un'altra economia) - il rischio è che la mole di raccolta della Etica Sgr, che si prevede ingente, possa in breve tempo scardinare tutti gli equilibri finora raggiunti e metterne a dura a prova i futuri.
Come giudicare allora? Una posizione di equilibrio vuole che si dia tempo al tempo. Come sempre le esperienze di frontiera sono destinate a far discutere. E non è facile dire se la strategia della "nicchia", proposta da qualcuno in alternativa, sarebbe stata in ogni caso più efficace.
Di certo la trasparenza, i valori e le competenze di Etica Sgr metteranno a nudo tutta la restante offerta etica "di plastica" del mondo finanziario. Certo è pure che le sirene del mercato possono essere più forti della buona fede di chi promuove. Ma le stesse cose si dicevano - sbagliando - quando si decise di fare una banca etica. Ora il mondo della finanza etica ha rilanciato. Aspettiamo, osserviamo, partecipiamo (soprattutto). Ne riparleremo.
Di certo la trasparenza, i valori e le competenze di Etica Sgr metteranno a nudo tutta la restante offerta etica "di plastica" del mondo finanziario. Certo è pure che le sirene del mercato possono essere più forti della buona fede di chi promuove. Ma le stesse cose si dicevano - sbagliando - quando si decise di fare una banca etica. Ora il mondo della finanza etica ha rilanciato. Aspettiamo, osserviamo, partecipiamo (soprattutto). Ne riparleremo.
di Alessandro Messina
per Carta, Rubrica Affari Nostri, marzo 2003