Le lezioni
sgradite sono difficili da mandar giù. Se riguardano la finanza evidentemente
di più. Sarà per questo che governi, autorità di vigilanza e i tanti regulators al lavoro dal 2008, quando la
crisi finanziaria esplose in tutta la sua virulenza, ancora non sono riusciti a
incidere sui problemi nodali dei mercati finanziari globali.
Oggi la peggior
finanza è tornata a spadroneggiare: volumi delle transazioni in derivati ai
massimi storici, profitti a due cifre per le banche d’affari globali, credito all’economia
reale fermo. Una finanza che dimostra ogni giorno di più di essere senza
limiti. In tutti i sensi.
Il 30 giugno
scorso BNP Paribas, gruppo bancario di origine francese e ormai colosso
mondiale della finanza, è stato multato dal Dipartimento per i Servizi
Finanziari dello stato di New York per circa 9 miliardi di dollari, record
assoluto per banche non americane. In precedenza solo JPMorgan Chase (13
miliardi, per i noti “riacquisti” di mutui sub-prime) e Bank of America (con
tre diverse sanzioni, per complessivi 33 miliardi di dollari) hanno subito
sanzioni pecuniarie maggiori.
Il motivo è raccapricciante:
la banca ha violato il divieto di condurre transazioni con il Sudan, paese
sotto embargo per violazioni dei diritti umani. In particolare, qui si cela la mostruosità
dei comportamenti tenuti, proprio negli anni in cui il governo sudanese era sotto
i riflettori della comunità internazionale (seppur solo blandamente
contrastato) per i gravissimi crimini umanitari commessi in Darfur, BNP Paribas
non rispettava l’embargo e conduceva transazioni finanziarie per oltre 190
miliardi di dollari, molti dei quali utilizzati per rifornire di armamenti le
milizie.
Breve
promemoria per i più giovani: in Darfur sono state uccise 400 mila persone e
2,5 milioni
di civili sono dovuti fuggire dalle loro
case. Secondo le stime ONU,
oggi 2,7 milioni di abitanti del Darfur
restano nei campi profughi interni e oltre 4,7 milioni sopravvivono solo grazie agli
aiuti umanitari. Il 4 marzo 2009 il presidente
sudanese Omar al Bashir
è diventato il primo presidente in
carica (lo è tuttora) ad essere condannato
dalla Corte penale internazionale per sterminio di massa, stupri e saccheggi contro i
civili in Darfur.
In
questo contesto, uno dei primi sei gruppi finanziari al mondo ha aggirato un
divieto posto dal governo Usa (non dalle Nazioni Unite, purtroppo), falsificato
documenti e dichiarazioni interne, come dimostrato dai magistrati americani,
sistematicamente disapplicato le ordinarie regole di compliance interna, cioè di controllo di conformità dei
comportamenti dei propri funzionari al sistema normativo e regolamentare. In
più, dopo una decisione presa nel 2007 di sospendere l’operatività col Sudan, i
vertici di BNP hanno omesso di vigilare sull’effettiva esecuzione di tali
disposizioni, che infatti sono state eseguite solo cinque anni dopo.
Eppure c’è chi,
come il Governo francese o una parte della stampa specializzata (ma non tutta),
critica gli Usa per aver applicato una sanzione troppo severa, non
vergognandosi di sostenere che quel reato non esiste per la legislazione
francese ed europea (vero, ma non sembra materia di cui vantarsi). D’altra
parte, se non esiste sanzione pecuniaria congrua per chi si macchi di
complicità in un genocidio, va
rilevato che BNP ha negoziato la sanzione con le autorità proprio al fine di
evitare che si arrivasse a giudizio, ben sapendo che un simile illecito avrebbe
potuto portare alla revoca della licenza americana, questo sì un potenziale disastro
per il conto economico della banca francese.
Qui i nodi
vengono al pettine. Ancora una volta i danni prodotti da banchieri senza
scrupoli sono ben maggiori di ogni sanzione possibile e il vero errore delle
autorità Usa è stato accettare la transazione. Perdendo così l’occasione di
eliminare definitivamente “dal mercato” chi ha dimostrato disprezzo non per
regole contabili e procedure tecniche ma per migliaia di vite umane.
di Alessandro Messina
per VITA, agosto 2014
Fonti utilizzate per l'articolo:
Il comunicato stampa del Dipartimento di Giustizia di New York, 30 giugno 2014, corredato della documentazione ufficiale sul caso
BNP Paribas's Sanctions Penalty Is Not Enough, Forbes, Jul 1st 2014
Payback for BNP, Sudan’s ‘de facto’ bank, Financial Times, Jul 1st 2014
Capital punishment, The Economist, Jul 5th 2014
No way to treat a criminal, The Economist, Jul 5th 2014
BNP Paribas Case Teaches Banks Lesson, But Not The Right One, Forbes, Jul 8th 2014
Fonti utilizzate per l'articolo:
Il comunicato stampa del Dipartimento di Giustizia di New York, 30 giugno 2014, corredato della documentazione ufficiale sul caso
BNP Paribas's Sanctions Penalty Is Not Enough, Forbes, Jul 1st 2014
Payback for BNP, Sudan’s ‘de facto’ bank, Financial Times, Jul 1st 2014
Capital punishment, The Economist, Jul 5th 2014
No way to treat a criminal, The Economist, Jul 5th 2014
BNP Paribas Case Teaches Banks Lesson, But Not The Right One, Forbes, Jul 8th 2014