Il credito è una fondamentale leva dello sviluppo economico e – non di meno – di quello umano e sociale. La funzione redistributiva del credito è uno dei fattori chiave del successo di una società libera e democratica.
Scriveva John Stuart Mill (1848): “Molti che non possiedono, o quasi, capitali, ma che hanno per gli affari capacità note e apprezzate da qualche possessore di credito, possono ottenere o prestiti in denaro, o più spesso merci a credito, e in questo modo le loro capacità industriali sono utilizzate a favore dell’aumento della pubblica ricchezza: e questo beneficio sarà goduto su più larga scala quando, grazie a buone leggi e a una buona educazione, la collettività abbia compiuto un tale progresso in fatto di onestà, che il carattere personale possa essere accettato come garanzia sufficiente non soltanto contro l’appropriazione disonesta, ma contro il mettere disonestamente a repentaglio ciò che appartiene agli altri”.
Diversi decenni dopo, a seguito della grande depressione e del crollo dei mercati finanziari del 1929, John Maynard Keynes (1936) affrontava da un’altra prospettiva lo stesso tema: «Fra le massime della finanza ortodossa, nessuna è certo più antisociale del feticcio della liquidità, la dottrina che sia virtù positiva da parte delle istituzioni di investimento concentrare i propri mezzi sul possesso di titoli ‘liquidi’. Essa dimentica che non esiste liquidità dell’investimento per la collettività in complesso. Lo scopo sociale dell’investimento consapevole dovrebb’essere di sconfiggere le oscure forze del tempo e dell’ignoranza che avviluppano il nostro futuro».
Il termine credito, etimologicamente, ci riporta al tema della fiducia tra operatori economici.
Qui i fattori in gioco alla data di richiesta del prestito sono almeno tre:
• la storia personale di chi necessita di credito;
• la ricchezza e il reddito che egli detiene;
• le reti sociali in cui è inserito.