Da tempo si parla della necessità di una finanza etica globale. A Porto Alegre, qualche social forum fa, qualcuno lanciò l’idea di arrivare ad una sorta di Banca Etica Mondiale, intesa più come coordinamento di esperienze locali che come soggetto in sé. Non sembra essere un risultato vicino, ma certo l’esigenza di contaminare è forte. E proprio in Brasile - non è un caso - è sbarcata la “nostra” Banca Etica.
Il 4 febbraio scorso alcuni rappresentanti della Banca che più di ogni altra ha scardinato (in senso positivo) le regole della finanza italiana hanno incontrato il presidente Lula. L’ambito dell’incontro è stato il programma “Fame zero”, su cui intervenire con gli strumenti della finanza solidale. Al centro degli accordi gli interventi di microcredito in area urbana e rurale che Banca Etica realizzerà attraverso il Consorzio Etimos. Per il progetto sono stati stanziati - in fase di avvio - circa 3 milioni di Euro.
Il 4 febbraio scorso alcuni rappresentanti della Banca che più di ogni altra ha scardinato (in senso positivo) le regole della finanza italiana hanno incontrato il presidente Lula. L’ambito dell’incontro è stato il programma “Fame zero”, su cui intervenire con gli strumenti della finanza solidale. Al centro degli accordi gli interventi di microcredito in area urbana e rurale che Banca Etica realizzerà attraverso il Consorzio Etimos. Per il progetto sono stati stanziati - in fase di avvio - circa 3 milioni di Euro.
Ma parlando di finanza e di Brasile, è impossibile non occuparsi di Parmalat. E infatti anche questo tema è uscito con forza dal colloquio con Lula. Nel paese carioca la scia del crack di Collecchio è già drammatica: la Parmalat Partecipacoes brasiliana ha raggiunto un debito finanziario di 750 milioni di dollari a fronte di 600 milioni di crediti. Il problema è che questi ultimi sono tutti inesigibili (sono cioè carta straccia), in quanto riconducibili alle attività delle società intergruppo, a loro volta pesantemente indebitate e coinvolte nell’effetto domino partito dalla casa madre di patron Tanzi.
In breve tempo, dunque, Parmalat Brasil si è esposta con debiti che ormai superano il miliardo di dollari. L’effetto sociale è immediatamente misurabile: 6200 operai licenziati e altre 20.000 piccoli produttori sul lastrico. E proprio nei confronti di questi ultimi, le banche non hanno esitato a chiudere i rubinetti, a partire proprio dalle filiali di quelle europee.
Ne è nato così un sotto-progetto specifico, che cercherà di arginare questo problema. Grazie anche all’incontro con Via Campesina, il movimento di agricoltori che da 30 anni lotta per difendere i diritti dei produttori più poveri, Banca Etica e Etimos apriranno a breve una linea di microcredito e di assistenza tecnica rivolgendosi proprio ai produttori direttamente colpiti dal crack Parmalat, appoggiando la creazione di nuove cooperative che nasceranno dall’alleanza tra le famiglie degli operai licenziati ed i piccoli allevatori.
Non è proprio una banca etica mondiale, ma…
di Alessandro Messina
per Carta, Rubrica Affari Nostri, febbraio 2004