Finanza etica, lo scriviamo ormai da mesi, non è beneficenza, né sviluppo assistito, né economia di nicchia (a rischio di autoghettizzazione). Un’interpretazione corretta di finanza etica, piuttosto, richiama alla mente quell’idea di autosostenibilità economica di cui ha parlato Alberto Magnaghi. Si tratta di sollecitare la creatività sociale di tutti coloro che maneggiano il denaro loro malgrado perché impegnati in progetti di editoria alternativa, volontariato, cooperazione internazionale, auto-produzioni, tutela ambientale ecc.
Non vi è cosa peggiore (e più frequente) che scoprire una dissonanza così forte tra mezzi e fini come quando il nonprofit ha a che fare con il denaro. E non si tratta solo di chiedersi dove si vanno a depositare i propri soldi (con la sacrosanta accortezza di evitare le banche armate). Il punto è capire se si sono percorse tutte le strade per arrivare - all’interno della propria rete di relazioni - ad una gestione che sia massimamente efficiente ed efficace nel far circolare i liquidi da chi ne ha in esubero (potenziali risparmiatori) a chi ne ha bisogno (l’impresa sociale, chi ha in programma un investimento).
Non vi è cosa peggiore (e più frequente) che scoprire una dissonanza così forte tra mezzi e fini come quando il nonprofit ha a che fare con il denaro. E non si tratta solo di chiedersi dove si vanno a depositare i propri soldi (con la sacrosanta accortezza di evitare le banche armate). Il punto è capire se si sono percorse tutte le strade per arrivare - all’interno della propria rete di relazioni - ad una gestione che sia massimamente efficiente ed efficace nel far circolare i liquidi da chi ne ha in esubero (potenziali risparmiatori) a chi ne ha bisogno (l’impresa sociale, chi ha in programma un investimento).
Un caso interessante - utile per esemplificare il principio - è quello di CTM-Altromercato. Il consorzio, principale importatore italiano di prodotti del commercio equo e solidale, raccoglie risparmio attraverso 26 cooperative sue socie. Queste “botteghe del mondo” permettono ai propri soci di depositare il denaro sotto forma di capitale sociale e di libretti di risparmio, con remunerazione mai superiore al tasso d’inflazione (per non produrre denaro a mezzo di denaro).
In questo modo le botteghe riescono direttamente a finanziare la propria attività e a versare l’eccedenza di liquidità al consorzio che lo userà tanto per finanziare la sua operatività quanto per sostenere il consolidamento patrimoniale e gli investimenti delle organizzazioni di commercio equo e solidale (una grossa parte dei finanziamenti vanno poi ai progetti nel sud del mondo). Ancora una volta, come nel caso Mag, l’idea vincente è quella della partecipazione finanziaria dei soci-clienti delle botteghe.
Le organizzazioni socie di CTM-Altromercato raccolgono complessivamente circa 15 milioni di euro, di cui quasi un terzo in forma di capitale sociale. Grazie a questi numeri, il consorzio riesce a mantenere una forte indipendenza dal circuito bancario.
In questo modo le botteghe riescono direttamente a finanziare la propria attività e a versare l’eccedenza di liquidità al consorzio che lo userà tanto per finanziare la sua operatività quanto per sostenere il consolidamento patrimoniale e gli investimenti delle organizzazioni di commercio equo e solidale (una grossa parte dei finanziamenti vanno poi ai progetti nel sud del mondo). Ancora una volta, come nel caso Mag, l’idea vincente è quella della partecipazione finanziaria dei soci-clienti delle botteghe.
Le organizzazioni socie di CTM-Altromercato raccolgono complessivamente circa 15 milioni di euro, di cui quasi un terzo in forma di capitale sociale. Grazie a questi numeri, il consorzio riesce a mantenere una forte indipendenza dal circuito bancario.
In questo modo i circuiti del denaro diventano un reale supporto per la costruzione di un’altra economia. Questa è finanza etica, critica, alternativa.
di Alessandro Messina
per Carta, Rubrica Affari Nostri, ottobre 2003