Chi si diverte con i tuoi soldi? Questo il provocatorio titolo del seminario internazionale tenutosi martedì 21 a Firenze e incentrato sul tema delle speculazioni finanziarie e delle misure esistenti per frenarne gli effetti devastanti. In particolare, l’obiettivo dell’iniziativa organizzata da Banca Etica, Lunaria e Mani Tese, è stata la presentazione e l’analisi della proposta avanzata dal premio Nobel per l’economia James Tobin: una tassa - nota proprio come Tobin Tax - da applicare a tutte le transazioni finanziarie, tale da scoraggiarne quelle di brevissimo termine e dunque di natura spiccatamente speculativa. La discussione ha ruotato intorno a tre questioni fondamentali.
La prima: perché serve la Tobin Tax? Andrea Toma del Censis è partito dalla schiacciante preponderanza delle operazioni di carattere speculativo (il 95% del totale dei movimenti finanziari) per spiegare la necessità di una risposta al grado di instabilità che i sistemi economici ormai subiscono, e dalla descrizione della crescente massa di operazioni di questo tipo (72 volte maggiori di quelle di natura commerciale) per illustrare la necessità di sperimentare politiche coordinate di respiro globale.
La seconda domanda è: come funziona la Tobin Tax? Un’aliquota fissa dello 0,1% su tutte le transazioni finanziarie, ha detto Marina Ponti di Mani Tese, consentirebbe di scoraggiare la speculazione, incidendo maggiormente sulle operazioni di breve durata e lasciando pressoché intatte quegli investimenti di medio-lungo periodo, legati all’economia reale. Inoltre, una simile imposta consentirebbe di raccogliere ogni anno circa 228 miliardi di dollari, una cifra cinque volte superiore a quanto destinato oggi alla cooperazione per i paesi in via di sviluppo.
La terza questione - cosa si può fare per sostenere la Tobin Tax? - è stata affrontata da Christophe Aguiton, esponente dell’associazione francese ATTAC, nata proprio per la promozione della Tobin Tax a livello europeo nel 1998. Il grosso successo incontrato dall’associazione, che conta oggi di più di 12.000 aderenti, mentre il sito Web riceve 150.000 visite ogni mese, dimostra, secondo Aguiton, come sia forte ormai in alcuni segmenti della popolazione mondiale, il rifiuto del fatalismo tatcheriano degli anni ’80 secondo cui non esiste alternativa allo strapotere del mercato (ha ricordato il celebre slogan della dama di ferro, TINA: there is no alternative). È forte, ha detto Aguiton, la voglia di recuperare la sfera politica e di combattere l’idea che “non si può fare nulla”.
D’altra parte, a ricordare che di certi fatalismi è permeata la nostra cultura, è arrivato il comunicato di Salvatore Biasco, presidente della Commissione bicamerale per la riforma fiscale, che pur mostrando il proprio interesse per la discussione condotta, non è però riuscito a frenare il proprio scetticismo nei confronti della applicabilità della proposta di Tobin, sottolineandone il grado di “utopia” che la caratterizza.
L’intervento governativo non ha comunque frenato la determinazione di chi crede nella necessità di promuovere un vero dibattito sul tema dei mercati finanziari e della loro sempre più urgente regolamentazione. Dal lato delle scelte di vita e dunque della ricerca di una coerenza individuale, sono state ricordate le possibilità offerte oggi dalla Banca Etica, che permette di risparmiare denaro controllandone il percorso e anzi dirottandolo verso attività socialmente utili. Dal lato delle campagne, Mani Tese ha presentato una raccolta di firme a sostegno della tassazione delle operazioni finanziarie, che, citando esplicitamente Keynes, il quale negli anni ’20 aveva previsto i rischi delle borse e la imminente crisi del ’29, viene condotta con lo slogan “Gettiamo sabbia negli ingranaggi della speculazione”.
Il tutto nella convinzione che, come in molti altri casi (debito estero, MAI, Banca Mondiale), le argomentazioni di tipo tecnico possono essere molte e tutte meritorie di una adeguata riflessione, ma è il piano politico che più conta e per questo è necessario che emerga chiaramente la volontà dei cittadini (o di una parte di essi) di riconquistare gli spazi democratici.
di Alessandro Messina
Il manifesto, giovedì 23 settembre 1999