Nuove regole per il microcredito

Lo stato di difficoltà economica che attualmente vivono imprese e persone rappresenta un’emergenza sociale. La pandemia ha aggravato situazioni individuali o settoriali da anni in progressivo deterioramento. Uno dei fattori cruciali in tale quadro è rappresentato dal credito. O meglio dalla sua mancanza: continua ad aumentare la difficoltà di accesso ai prestiti bancari per imprese e persone. 

L’ultimo studio di Banca Etica in materia evidenzia che il livello di inclusione finanziaria in Italia è di circa 4 punti percentuali al di sotto di quello osservato nel 2012 (e i dati ancora non tengono conto dell’effetto Covid-19). Negli ultimi dieci anni, ammonta a 260 miliardi di euro la riduzione del credito alle imprese, più dell’intero pacchetto di NextGeneration Italia.

Il credito si riduce, diventa più selettivo, discrimina segmenti di popolazione e di tessuto produttivo, secondo una tendenza pluriennale: meno banche, meno sportelli, più concentrazione.

Esiste un movimento di risposta che si sta formando dal basso. In Europa, in base all’ultima Survey di Microfinance Centre e European Microfinance Network, operano oggi 345 istituzioni non bancarie di microcredito, con natura commerciale o non profit. Hanno un portafoglio di crediti pari a circa 1,3 miliardi di euro, per quasi i due terzi orientato ai prestiti personali, e per il resto al micro-business. I tassi di crescita sono significativi, con una media annua tra il 10 e il 20 per cento, a dimostrazione delle forti esigenze sottostanti.

I prestiti erogati - sotto i 25 mila euro - sono finalizzati per il 59% a inclusione finanziaria, per il 25% ad autoimpiego e sviluppo di microimprese, per la restante quota alla lotta alla povertà. Destinatari sono in via prevalente donne, giovani e abitanti delle aree interne o rurali.

In Italia, stima la Survey, sono 61 le istituzioni che fanno microfinanza, tra operatori che si occupano di prevenzione dell’usura (ai sensi della legge 108/1996) e operatori di microcredito in senso proprio (ai sensi dell’articolo 111 del Testo unico bancario). 

Ma gli spazi lasciati dall’ordinamento sono angusti, tanto che il principale operatore di microcredito non è né l’uno né l’altro: PerMicro è un intermediario vigilato, che non rientra nella definizione di microcredito data dalle norme nazionali. Vi sono poi banche, in particolare Banca Etica e le BCC, che o direttamente o in collaborazione con tali soggetti, finanziano e sostengono i loro progetti. Ma anche esse non trovano facile supporto nelle norme esistenti, ad esempio per accesso agli strumenti di garanzia idonei.

Vi è dunque lo spazio per innovazioni regolamentari che con poco - alleggerire alcune rigide e anacronistiche prescrizioni - potrebbero ottenere molto: favorire l’avvicinamento tra le grandi masse di liquidità disponibili e le esigenze di chi non riesce ad accedere al credito bancario. Il microcredito ha già dimostrato di saper trasmettere queste risorse con efficacia. È tempo di liberare il suo intero potenziale.