Il mercato
assicurativo fa parte delle strutturali “anomalie” italiane, afflitto com’è da molti
problemi tipici della finanza nostrana: parti correlate (leggasi intrecci azionari e conflitti di interesse),
concentrazione crescente, bassa concorrenza.
Secondo l’IVASS, l’istituto di
vigilanza che ha finalmente sostituito l’ISVAP, mettendo sotto la lente di
Banca d’Italia anche le assicurazioni, nel 2012 l’indice di concentrazione
calcolato sulla base dei premi raccolti è giunto al 61,4% per i primi 5 gruppi
(+7,9 punti percentuali rispetto al 2011) e all’80,2% per i primi 10 (+3,5).
In Italia, nel
2012, l’incidenza dei premi versati sul Prodotto interno lordo è stata pari al
6,7%, ben al di sotto della media UE e a quella delle economie avanzate
(rispettivamente al 7,8% e 8,5% nel 2011). Un valore oltretutto in discesa
rispetto al particolare picco del 2009. In quell’anno, infatti, complice il
deflagrare della grande crisi e la protezione concessa dalla legge alle polizze
sulla vita (che non sono sequestrabili o pignorabili), ci fu un afflusso
massiccio di risparmi degli italiani sul mercato assicurativo (+28,1%) e in
particolare proprio sul ramo vita (+48,7%). Una bolla - da rentier - che ora sembra sgonfiarsi, con il mercato destinato a
tornare ai suoi valori strutturali, quelli di un paese tendenzialmente
sotto-assicurato, con un montante premi attorno al 5-6 per cento del Pil.
Un problema, l’esclusione
assicurativa di imprese e famiglie, che produce significativi effetti sociali,
di cui ci si accorge sempre troppo tardi, a seguito di “ordinari imprevisti”
quali i piccoli incidenti domestici, le più ovvie questioni sanitarie, i
contenziosi di varia natura che possono sorgere tra condomini o partner
d’affari.
In questo
contesto, e non potrebbe essere altrimenti, ad essere penalizzate sono anche le
organizzazioni senza scopo di lucro. Molecolari, a basso margine, con attività
e forme organizzative del tutto originali, le nonprofit, come quasi in ogni
mercato, sono state a lungo trascurate dall’offerta assicurativa. A parte un
piccolissimo operatore, CAES Italia (www.consorziocaes.org), unico nel panorama
descritto, in virtù di una serie di caratteristiche. Nel target, perché si
concentra solo su nonprofit (volontariato, associazionismo, cooperazione e
cooperazione sociale, altre imprese sociali o a vocazione sociale) e agli altri
soggetti esclusi dal mercato assicurativo, che riesce a gestire sfruttandone i
principi di mutualità. Nella contrattualistica, impostata su una sostanziale semplificazione (ad esempio nei
contratti alle persone si trovano 2 soli parametri invece che i 70 medi, con un
assai minore rischio di contenzioso) e su una altrettanto sostanziale trasparenza. Nell’approccio solidale,
che rifiuta discriminazioni su base territoriale dei clienti o instaurazioni di
perverse relazioni con i lavoratori, come il meccanismo della sub-agenzia.
Un piccolo
esperimento di “assicurazione eretica” che sta funzionando. Con volumi (e
utili) in crescita. La diversità di CAES (e della sua clientela) è dimostrata -
tra l’altro - da due indicatori: l’andamento dei premi, molto in sintonia con
quello dell’economia reale, e niente affatto condizionato da bolle speculative;
il rapporto tra sinistri e premi - dunque il tasso di rischiosità - che per
CAES negli ultimi 5 anni è rimasto ben al di sotto delle media di mercato (39%
contro 84%). In modo simile a
quanto accade con le sofferenze bancarie nella finanza etica, sistematicamente
al di sotto di quelle di settore.
Banche e assicurazioni etiche dimostrano coi numeri di agire come fattori di stabilizzazione degli spiriti animali del mercato. Contribuendo così alla costruzione di infrastrutture finanziarie sane ed efficienti, a loro volta condizione fondamentale per liberare le energie di società ed economia, anche nonprofit. Buoni motivi per approfondirne la conoscenza, utilizzarle come clienti e decidere di sostenerle.
Banche e assicurazioni etiche dimostrano coi numeri di agire come fattori di stabilizzazione degli spiriti animali del mercato. Contribuendo così alla costruzione di infrastrutture finanziarie sane ed efficienti, a loro volta condizione fondamentale per liberare le energie di società ed economia, anche nonprofit. Buoni motivi per approfondirne la conoscenza, utilizzarle come clienti e decidere di sostenerle.
di Alessandro Messina (@msslsn)
in Profittevole, rubrica per Vita
gennaio 2014