Il microcredito
prende slancio. Proprio mentre l’esclusione finanziaria diviene ferita sempre
più profonda nel paese: si è attestata al -3,2%, ad agosto 2013, la caduta dei
prestiti da banche a imprese e famiglie. E non è solo questione di buona
volontà. Ciò che questa crisi sta evidenziando - lo abbiamo già scritto - è che
la forma banca ormai sta stretta a chi vuole essere di reale sostegno ai
territori. Lo vivono sulla propria pelle, non con poca frustrazione, anche
banche controcorrente come le BCC, costrette a ridurre dell’1,3% gli impieghi
nell’ultimo anno, o come Banca Etica, alla ricerca di nuovo capitale sociale. La
normativa che verrà dall’Europa, con la nuova Unione Bancaria, probabilmente peggiorerà
le cose. Allora c’è bisogno di innovazione, di trovare soluzioni diverse a
problemi antichi.
Per questo da
tempo si guarda al microcredito con grande speranza. E il microcredito risponde.
Se ne ha conferma osservando i dati del più ambizioso progetto partito in Italia.
Si tratta di PerMicro, società finanziaria promossa da un gruppo di pionieri
della finanza mainstream,
avvicinatisi anni fa ai temi dell’innovazione e della impresa sociale, che
hanno unito impegno ed esperienza professionale con le energie di qualche
persuaso visionario della finanza etica. Ne è nato un ibrido imprenditoriale
perfetto allo scopo.
Partito nel 2007
con un investimento in equity di 100
mila euro, PerMicro ha fatto il salto decisivo quando ha incrociato sulla
sua strada un grande gruppo bancario (BNL - BNP Paribas), mosso dalla visione
strategica di un manager illuminato e dall’esperienza maturata dalla capogruppo
francese con ADIE. Questa partnership ha portato due fondamentali ingredienti
ad una ricetta che stentava a decollare: provvista a costi competitivi e una
relazione virtuosa con la rete distributiva, che riesce a integrare l’offerta
di PerMicro con quella bancaria ordinaria (e viceversa). Proprio ciò che spesso
manca per l’efficacia dei progetti di inclusione finanziaria. E che
intelligentemente PerMicro sta proponendo anche ad altre banche (diverse le BCC
che hanno già aderito).
Oggi PerMicro
eroga quasi 3 mila microfinanziamenti all’anno, per 16 milioni di euro (il 30%
a imprese), e prevede di arrivare a break-even nel 2014. Il costo di gestione
del singolo finanziamento – fattore cruciale per l’equilibrio economico di una
istituzione di microfinanza – è sceso negli anni dagli oltre 2 mila euro del
2011 ai circa 600 previsti per il prossimo anno. Con diretto beneficio dei
clienti, che otterranno credito a tassi inferiori.
Sono le buone
pratiche private, che si scontrano spesso in Italia con il grave ritardo delle
istituzioni. Dal settembre 2010, infatti, aspettiamo l’attuazione di una
normativa sul microcredito che per qualche strano motivo - in tre anni di
profondo credit crunch - è rimasta
appesa tra Banca d’Italia e Ministero dell’Economia.
Paradossale,
nell’unico paese al mondo dotato di un Ente Nazionale per il Microcredito. Che
per ben tre volte è uscito in extremis dalla lista degli enti inutili proposta
dal governo al Parlamento, che dispone di circa 2 milioni di euro l’anno per
fare attività che agli operatori appare almeno “ridondante”, che non pubblica i
bilanci sul suo sito ed è presieduto dal 2006 da Mario Baccini, che lo fondò da
parlamentare ed esponente del governo, e che continua a percepire per questo un
compenso di oltre 100 mila euro l’anno. Insomma una tipica (brutta) macchina da
autoconservazione della peggiore politica.
PerMicro e gli
altri operatori del microcredito subiscono questa arrogante invasione di campo
e attendono le nuove norme. Che - si prevede - saranno troppo sbilanciate sulla
filantropia e probabilmente li costringeranno ad un nuovo gioco di equilibrismo,
tutto italiano, tra operatività e compliance,
dopo quello - tipico di ogni social
business e della microfinanza - tra innovazione e mercato. Buona fortuna. A
tutti noi.
di Alessandro Messina (@msslsn)
in Profittevole, rubrica per Vita
novembre 2013