L’articolo 32 del nuovo statuto tipo delle BCC non è antipolitica

Ho letto con interesse lo scambio di opinioni sulla rivista con riferimento all’articolo 32 del nuovo Statuto tipo delle BCC. Il tema - di cui si è dibattuto nel numero precedente - riguarda l’opportunità o meno di stabilire, come appunto fa l’articolo 32, una incompatibilità tra il ruolo di amministratore della BCC e le cariche elettive. 

La domanda che sorge inevitabile è: perché chi è stato eletto a svolgere un ruolo pubblico (consigliere comunale, provinciale, regionale, ecc.) non dovrebbe essere in grado di garantire l’adeguata correttezza e capacità di gestione in una banca cooperativa? Si cela forse dietro questa incompatibilità quel sentimento populista, cosiddetto di anti-politica, che oggi è tra i principali sintomi del male che affligge la nostra democrazia? Le BCC, che sono per natura palestra di democrazia, non dovrebbero per prime rifuggire dalle semplificazioni e banalizzazioni sui mali effettivi della politica nel Paese?

Sergio Gatti, nel suo intervento, ha giustamente ricordato come la discussione anche su questo punto sia stata ampia e articolata e come l’approdo raggiunto sintetizzi efficacemente le diverse sensibilità e opinioni. 

La mia opinione, entrando più nel merito della questione, è che la norma in sé sia strettamente necessaria, con particolare riferimento a questa fase storica e dell’Italia e del Credito Cooperativo. Intanto, comincerei evidenziando l’ovvio: ossia che la previsione di incompatibilità non è altro che una norma contro la coincidenza di incarichi. E’ una norma che sottintende la difficoltà di fare “al meglio” più cose contemporaneamente, di interpretare “al meglio” più ruoli congiuntamente, di rappresentare “al meglio” interessi diversi nella stessa persona. 

E’ una norma che vuole prevenire, saggiamente, il “conflitto di interessi”, che anche quando piccolo o minuscolo comunque offusca la lucidità di chi deve prendere decisioni. Ma direi di più: al di là dei casi patologici, che pure vanno prevenuti con tutti i mezzi possibili, è una norma che mira in generale alla buona gestione e all’efficienza del sistema. Per questo mi soffermerei su quel “al meglio”. 

Se, infatti, è indubbio che esistono persone con grande duttilità, rigore morale e competenze per poter ricoprire contemporaneamente anche più ruoli, non si può negare che alcuni potrebbero non esserlo e che un sistema articolato e complesso, che punta alla sua sostenibilità e crescita nel tempo, come è quello del Credito Cooperativo, deve pensare soprattutto a come garantire che i propri amministratori svolgano “al meglio” le proprie funzioni. Sempre. E’ una richiesta di serietà che si fa a chi si candida per entrare nel Consiglio di amministrazione di una BCC. E’ un patto di reciproca fiducia. E’ una scommessa comune su un percorso che insieme va fatto, appunto, “al meglio”.

L’incompatibilità prevista dall’articolo 32 va dunque letta in positivo in chiave “strategica”, come una leva per la migliore gestione delle nostre banche. E non ha nulla a che fare con l’anti-politica. Anzi. Direi il contrario. E’ un potenziale fattore di promozione della sana politica. 

Perché fare politica non significa avere una poltrona. Non significa sedere in un consiglio comunale, regionale o altro. La percezione che vi sia una coincidenza tra “fare politica” e “avere un incarico” è l'emblema stesso della crisi politica che sta logorando la nostra democrazia. Dovrebbe essere la politica per prima a preoccuparsene, fissando limiti ai mandati, regolando le incompatibilità tra cariche elettive, favorendo il ricambio generazionale. Ma non lo fa.
Vitale, confortante, cruciale, allora, che lo faccia il Credito Cooperativo. 

L'amministratore che vuole fare politica e al contempo entrare nel Cda di una BCC può continuare a farlo. Ma senza ricoprire cariche "elettive". Una volta era normale: se eri sindaco, non eri segretario del partito. Se eri presidente dell'Arci o delle Acli, non eri consigliere regionale. La vita politica era nell’associazionismo, nei circoli territoriali dei partiti, nell’attivismo per il proprio territorio. Ora la situazione è talmente degenerata che inibire una carica elettiva viene confuso con l'inibizione alla vita politica. 

L'articolo 32 è pro-prolitica. Di una politica "prima", fatta di passione e senso civico e non di ambizioni personali e calcoli particolari. E’ una delle strade che il Paese, non solo il Credito Cooperativo, dovrebbe imboccare per uscire definitivamente dalla crisi profonda della propria democrazia.
Bello, confortante - da vivere con orgoglio - che le BCC aprano la pista. Proponendosi, ancora una volta, come palestra concreta di civismo e democrazia. 



di Alessandro Messina
per Credito Cooperativo, ottobre/novembre 2011